sabato 17 marzo 2018


V Domenica di Quaresima Anno B

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori [...].



A chi domanda di vedere Gesù, Lui stesso, si mostra non ai loro occhi ma alla loro cuore con due immagini: il chicco di grano e la croce, che a ben riflettere sono il cuore stesso della sua vita e della nostra fede di cristiani, amare fino a dare la vita per gli altri. 
La prima immagine è quella del seme di grano, piccolo per natura ma destinato a dare frutto moltiplicandosi miracolosamente per mille alla sola condizione che abbia il coraggio di donarsi e di farsi completamente prendere dalla terra in cui è caduto. Come nel mondo naturale così in quello spirituale si ripete il prodigio della vita che si rinnova e si moltiplica attraverso il dono (il morire in senso semitico come usa dire Gesù in questo brano del Vangelo). Natura e Vangelo seguono le stesse leggi, l’armonia che regna intorno a noi nel creato, regna anche nel cuore dell’uomo, creatura di Dio. Così l’uomo diventa restauratore e cantore dell’universo intero con Cristo.

venerdì 9 marzo 2018


IV Domenica Quaresima “Laetare” - Anno B

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».



In questo austero cammino quaresimale, come ci ricorda la liturgia, incontriamo questa domenica detta “laetare”, ovvero della gioia, una sorta di oasi posta nel deserto di questo cammino per rinfrancarci e ritrovare forze per concluderlo con la grande celebrazione della Pasqua.
Il motivo di tanta gioia e scritto a chiare lettere nel brano del Vangelo di questa domenica: Dio ci ama tanto da darci in dono il suo Figlio come fratello, come amico e compagno di vita per tutti noi. Questo amore si spingerà fino a dare la sua vita per noi: “non esiste amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”.

domenica 4 marzo 2018


III Domenica di Quaresima Anno B

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. [...] 



Il fatto raccontato in questa terza Domenica di quaresima , oltre al valore in se stesso di fatto storico, ha come sempre un valore per noi che lo leggiamo in questo XXI secolo dopo Cristo.
La frase su cui vorrei soffermarmi è quella che Gesù rivolge aitanti venditori che affollavano il tempio di Gerusalemme. “non fate della casa del Padre mio un mercato”. Frase quanto mai forte e detta con impeto, dopo aver rovesciato banchi e bancarelle e scacciato i tanti animali sacrificali che affollavano il luogo sacro.