venerdì 18 maggio 2012

CHIAMATI A DARE VITA A OGNI CREATURA


Ascensione del Signore Anno B

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio (...).

L’Ascensione è la festa che prima di tutto ci invita “ad andare”; come spesso avviene nel linguaggio di Gesù un verbo di movimento.  Non si accettano staticità, ritardi o lentezze, occorre lasciare qualcosa per andare oltre a quello raggiunto ed annunciare ad ogni creatura e non solo a gli uomini il vangelo di Gesù. Non più o soltanto ascoltatori, più o meno attivi,ma annunciatori in prima persona. E’ un grosso salto di qualità che il Signore ci chiede e che riguarda tutti noi chierici, e laici, ognuno con la sua responsabilità ma mai demandando ad altri. C’è poi il contenuto del messaggio: il Vangelo. Non si tratta quindi di propaganda o di divulgare idee o ideologie ma di annunciare Gesù Vivo e Risorto come unica risposta data agli uomini da parte di Dio. 
E partirono e predicarono dappertutto. Il Signore chiama gli undici a questa navigazione del cuore, li spinge a pensare in grande a guardare lontano: il mondo è tuo. Perché crede in loro, crede nell'uomo. Ha fiducia in me, più di quanta ne abbia io stesso; sa che riusciremo a contagiare di Spirito e di nascite chi ci è affidato.

Per l'approfondimento personale
(Letture: Atti degli Apostoli 1, 1-11; Salmo 46; Efesìni 4, 1-13; Matteo 28, 19a.20b) 

domenica 13 maggio 2012

CHIAMATI ALL'AMORE


VI Domenica di Pasqua Anno B

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici (...)».


Tutti sono convinti di saper amare, come se fosse la cosa più facile del mondo. Questa è la prima cosa da sfatare: spesso ci lasciamo amare dagli altri, ma riuscire noi ad amare è cosa molto difficile, che esige impegno costanza e tanta applicazione.
Se per imparare a suonare un qualsiasi strumento musicale si richiedono anni di applicazione e di studio, quanto più occorrerà per saper amare? Solo Gesù ci può aiutare donandoci il suo amare.
Seconda cosa, si può ordinare di amare, non esige forse più di altre realtà umane la piena e cosciente libertà? Certamente, quando Gesù ci “ordina” e come se volesse dirci: ti dono l’orientamento, la direzione della tua vita, o è finalizzata all’amore o è vissuta su falsi presupposti. Si capisce allora che il vangelo di questa domenica esige una profonda riflessione ed interiorizzazione che solo la persona può fare nel silenzio del suo cuore.

Per la riflessione personale:
(Letture: Atti degli apostoli 10, 25-27.34-35.44-48; Salmo 97; 1 Giovanni 4, 7-10; Gv 15, 9-17)

sabato 5 maggio 2012

VITA, COMUNIONE E FRUTTI ABBONDANTI


V Domenica di Pasqua  Anno B

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto». (...)

L’immagine tratta dal mondo agricolo, molti dei suoi ascoltatori erano agricoltori e potevano ben comprendere le parole del Signore, perché riscontrabili nella quotidianità del loro lavoro nei campi. Un linguaggio semplice per uomini semplici ma così profondo da rivelare le realtà stesse di Dio. In questa bella immagine mi  dice una verità molto profonda: in me c’è la continuità della vita stessa di Dio, la stessa linfa, la stessa radice, come la vita del padre in quella del figlio e quella del figlio nel padre anche nella vita umana è la stessa cosa.

Unica condizione è rimanere in Lui, non un Dio che obbliga o impone condizionamenti se non quello dell’amore stesso: rimanere uniti, indissolubilmente perché siamo una stessa realtà vitale. Nel Sacramento del Matrimonio cristiano Dio chiederà agli sposi la stessa logica dettata dall’amore siate una cosa sola e non osi separare ciò che Dio ha unito.

Da questa vita divina in me fioriscono frutti abbondanti di carità: sono le storie di tanti Santi che in questi duemila anni sono fioriti nella Chiesa del Signore e che ad ogni epoca si rinnovano. Ultimo in ordine di tempo il Beato Giuseppe Toniolo economista, sociologo vissuto a Pisa e elevato agli altari domenica scorsa.

Per una lettura personale
(Letture: Atti degli apostoli 9, 26-31; Salmo 21; 1 Giovanni 3, 18-24; Vangelo Giovanni 15,1-8)