domenica 3 novembre 2019

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19,1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.

Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».


Il Vangelo ci trasmette, nella storia di Zaccheo, l’arte dell’incontro, la sorpresa e la potenza creativa del Gesù degli incontri. Prima scena: personaggi in ricerca. C’è un rabbi che riempie le strade di gente e un piccolo uomo curioso, ladro come ammette lui stesso, impuro e capo degli impuri di Gerico, un esattore delle tasse, per di più ricco. Il che voleva dire: soldi, bustarelle, favori, furti…
Si direbbe un caso disperato. Ma non ci sono casi disperati per il Vangelo. Ed ecco che il suo limite fisico, la bassa statura, diventa la sua fortuna, «una ferita che diventa feritoia» (L. Verdi). Zaccheo non si piange addosso, non si arrende, cerca la soluzione e la trova, l’albero: «Corse avanti e salì su un sicomoro». Tre pennellate precise: non cammina, corre; in avanti, non all’indietro; sale sull’albero, cambia prospettiva.
Seconda scena: l’incontro e il dialogo. Gesù passa, alza lo sguardo, ed è tenerezza che chiama per nome: Zaccheo, scendi. Non giudica, non condanna, non umilia; tra l’albero e la strada uno scambio di sguardi che va diritto al cuore di Zaccheo e ne raggiunge la parte migliore (il nome), frammento d’oro fino che niente può cancellare. Poi, la sorpresa delle parole: devo fermarmi a casa tua. Devo, dice Gesù. Dio viene perché deve, per un bisogno che gli urge in cuore; perché lo spinge un desiderio, un’ansia: a Dio manca qualcosa, manca Zaccheo, manca l’ultima pecora, manco io. Devo fermarmi, non semplicemente passare oltre, ma stare con te.
L’incontro da intervallo diventa traguardo; la casa da tappa diventa meta. Perché il Vangelo non è cominciato al tempio ma in una casa, a Nazaret; e ricomincia in un’altra casa a Gerico, e oggi ancora inizia di nuovo nelle case, là dove siamo noi stessi, autentici, dove accadono le cose più importanti: la nascita, la morte, l’amore.
Terza scena: il cambiamento. «Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia». Zaccheo non deve prima cambiare vita, dare la metà dei beni ai poveri, e dopo il Signore entrerà da lui. No. Gesù entra nella casa, ed entrando la trasforma. L’amicizia anticipa la conversione. Perché incontrare un uomo come Gesù fa credere nell’uomo; incontrare un amore senza condizioni fa amare; incontrare un Dio che non fa prediche ma si fa amico, fa rinascere. Gesù non ha indicato sbagli, non ha puntato il dito o alzato la voce.
Ha sbalordito Zaccheo offrendogli se stesso in amicizia, gli ha dato credito, un credito immeritato. E il peccatore si scopre amato. Amato senza meriti, senza un perché. Semplicemente amato. Il cristianesimo tutto è preceduto da un “sei amato” e seguito da un “amerai”. Chiunque esce da questo fondamento amerà il contrario della vita.
Commento al Vangelo di Ermes Ronchi

giovedì 24 ottobre 2019

XXX DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C






"In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 
10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé:
 “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri,
e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 
13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, 
non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: 
“O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 
14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

La parabola ci mostra la grammatica della preghiera. Le regole sono semplici e valgono per tutti. Sono le regole della vita.
La prima: se metti al centro l'io, nessuna relazione funziona. Non nella coppia, non con i figli o con gli amici, tanto meno con Dio. Il nostro vivere e il nostro pregare avanzano sulla stessa strada profonda: la ricerca mai arresa di qualcuno (un amore, un sogno o un Dio) così importante che il tu viene prima dell'io.
La seconda regola: si prega non per ricevere ma per essere trasformati. Il fariseo non vuole cambiare, non ne ha bisogno, lui è tutto a posto, sono gli altri sbagliati, e forse un po' anche Dio. Il pubblicano invece non è contento della sua vita, e spera e vorrebbe riuscire a cambiarla, magari domani, magari solo un pochino alla volta. E diventa supplica con tutto se stesso, mettendo in campo corpo cuore mani e voce: batte le mani sul cuore e ne fa uscire parole di supplica verso il Dio del cielo (R. Virgili).
Il pubblicano tornò a casa perdonato, non perché più onesto o più umile del fariseo (Dio non si merita, neppure con l'umiltà) ma perché si apre - come una porta che si socchiude al sole, come una vela che si inarca al vento - a Dio che entra in lui, con la sua misericordia, questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua unica onnipotenza.
(Padre Ermes Ronchi)

domenica 20 ottobre 2019

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C





" Disse poi una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai."

Questi sempre e mai, parole infinite e definitive, sembrano una missione impossibile. Eppure sono esistiti uomini che ci sono riusciti: 

«Alla fine della sua vita frate Francesco non pregava più, era diventato preghiera» (Tommaso da Celano).

Durante il processo di beatificazione di Don Bosco, che fu abbastanza irto di ostacoli, fu avanzata anche questa obiezione: “Ma don Bosco, quando pregava?”. E la “controdomanda”, che confutò l’osservazione, la diede proprio Pio XI: 
“Ma don Bosco, quando non pregava?”.

Pregare è come voler bene, 
c'è sempre tempo per voler bene: 
se ami qualcuno, lo ami giorno e notte, senza smettere mai. 
Basta solo che ne evochi il nome e il volto, 
e da te qualcosa si mette in viaggio verso quella persona. 
Così è con Dio: pensi a lui, lo chiami, 
e da te qualcosa si mette in viaggio all'indirizzo dell'eterno: 
«Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. 
Se tu desideri sempre, tu preghi sempre» (sant'Agostino).


lunedì 14 ottobre 2019

IL FIORE DI NARDO PIU' LO PESTI E PIU' PROFUMA


Spesso la vita può mettere alla prova ma è proprio in quei momenti che si vede il valore di una persona. E' bella la metafora del fiore di nardo. Nel momento peggiore della sua esistenza, quando viene tagliato e pestato per ricavarne l'essenza, è allora che sprigiona il profumo più forte e inebriante....  

Il nardo è un olio profumato di altissimo valore. Nella Bibbia è simbolo dell'amore fedele fino a dare la vita. Un semplice vasetto di questo olio profumato, infatti, costava più di trecento denari, quasi quanto lo stipendio annuale di un salariato.
Per tale motivo nella Bibbia il profumo del nardo esprime l'amore che non ha prezzo e si realizza diffondendosi.
Nel libro del 'Cantico dei Cantici' il simbolo del nardo indica un amore immenso, senza paragoni. Lo sposo e la sposa del Cantico affermano che il loro amore è come profumo di nardo, vale a dire, prezioso, buono, bello, unico, che dà senso alla vita: "Mentre il re è nel suo recinto, il mio nardo spande il suo profumo" (Ct 1,12). Al termine del poema si legge: " Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio" (Ct 8,7).
Il simbolo del profumo del nardo, che scaturisce dal vaso spezzato, appare anche nei Vangeli e interpreta, in modo eccellente, il significato della passione e morte di Gesù come amore senza misura ed esprime anche la sua risurrezione, come amore che vince la morte. Ne parlano gli evangeli Matteo, Marco e Giovanni. Matteo e Marco, diversamente da Giovanni, che identifica la donna in Maria di Betania, sorella di Marta e di Lazzaro, raccontano di una donna anonima la quale, senza essere invitata, entra nella casa di Simone il lebbroso, dove Gesù si trova, rompe un vasetto di nardo autentico e lo sparge sul capo di Gesù. Maria di Betania, invece, lo cosparge sui piedi di Gesù, che poi asciuga con i suoi capelli. Il gesto della donna anonima, compiuta in prossimità della passione, è ritenuto dai presenti insensato e folle. Lo ritengono uno spreco! Gesù invece lo apprezza e ne spiega il senso. La donna ha compiuto un'azione buona e bella.
Ungendo il suo capo ha mostrato di riconoscerlo il vero re, l'unto del Signore. Ella, pur essendo donna, nel compiere l'unzione regale destinata solo ai re, si è comportata in modo profetico. Ha intuito infatti ciò che gli altri non vedevano, perché mossi soltanto da calcoli economici. Inoltre, il vaso completamente spezzato e il profumo, sparso senza misura, indicano che Gesù in persona avviandosi verso la passione e morte sta spezzando e sprecando la sua vita per noi. E' lui il vaso spezzato che emana profumo di vita. Il suo è amore appassionato e non si può calcolare in denaro. Gesù morendo non spreca la sua vita ma la dona. Per questo la sua morte non conosce la putrefazione e il suo amore supera la morte. Mentre la morte emana cattivo odore, la vita diffonde il profumo. La stessa solidarietà verso i poveri, che i commensali reclamano, deve essere determinata dal desiderio di un amore gratuito, senza misura, deve, cioè, mostrare la gratuità di Gesù.
La qualità del nardo nel testo originale greco è definita 'fedele'. Questo termine, però, si applica alle persone non alle cose. Per questo si traduce con'nardo genuino', o puro. Il termine fedele è, però, importante perché indica l'amore fedele di Gesù, e del credente che, avendo compreso chi è Gesù, dona come lui la propria vita. Gesù afferma che il gesto della donna, bello e buono, sarà ricordato ovunque si predicherà il Vangelo. Dove ci sono persone che fanno della propria vita un dono d'amore per gli altri si diffonde il profumo della vita.

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C


Dio ci offre non solo guarigione, ma salvezza
Lc 17, 11-19

I nove guariti trovano la salute; l’unico salvato trova il Dio che dona pelle di primavera ai lebbrosi, che fa fiorire la vita in tutte le sue forme, e la cui gloria è l’uomo vivente, «l’uomo finalmente promosso a uomo» (P. Mazzolari).

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C





Lc 17, 5-10

“...siamo servi inutili...”

...inutile significa che non serve a niente, che non produce, inefficace. Ma non è questo il senso nella lingua di Gesù: non sono né incapaci né improduttivi quei servi che arano, pascolano, preparano da mangiare. E mai è dichiarato inutile il servizio. Significa: siamo servi senza pretese, senza rivendicazioni, senza secondi fini. E ci chiama ad osare la vita, a scegliere, in un mondo che parla il linguaggio del profitto, di parlare la lingua del dono; in un mondo che percorre la strada della guerra, di prendere la mulattiera della pace. Dove il servizio non è inutile, ma è ben più vero dei suoi risultati: è il nostro modo di sradicare alberi e farli volare." (Ermes Ronchi)

sabato 28 settembre 2019

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

 "San Michele, 
aiutaci a lottare per la nostra salvezza. 
San Gabriele, 
portaci la buona notizia che dà speranza. 
San Raffaele, 
proteggici nel nostro cammino". 
(Papa Francesco)

Padre Ermes Ronchi commenta così il Vangelo di oggi Lc. 16,19-31:
"Una parabola dura e dolce, con la morte a fare da spartiacque tra due scene: nella prima il ricco e il povero sono contrapposti in un confronto impietoso; nella seconda, si intreccia, sopra il grande abisso, un dialogo mirabile tra il ricco e il padre Abramo. Prima scena: un personaggio avvolto di porpora, uno vestito di piaghe; il ricco banchetta a sazietà e spreca, Lazzaro guarda con occhi tristi e affamati, a gara con i cani, se sotto la tavola è caduta una briciola. Morì il povero e fu portato nel seno di Abramo, morì il ricco e fu sepolto nell’inferno. Una domanda si impone con forza a questo punto: perché il ricco è condannato nell’abisso di fuoco? Di quale peccato si è macchiato?
Gesù non denuncia una mancanza specifica o qualche trasgressione di comandamenti o precetti. Mette in evidenza il nodo di fondo: un modo iniquo di abitare la terra, un modo profondamente ateo, anche se non trasgredisce nessuna legge. Un mondo così, dove uno vive da dio e uno da rifiuto, è quello sognato da Dio? È normale che una creatura sia ridotta in condizioni disumane per sopravvivere? Prima ancora che sui comandamenti, lo sguardo di Gesù si posa su di una realtà profondamente malata, da dove sale uno stridore, un conflitto, un orrore che avvolge tutta la scena. E che ci fa provare vergogna. Di quale peccato si tratta? «Se mi chiudo nel mio io, anche adorno di tutte le virtù, ma non partecipo all’esistenza degli altri, se non sono sensibile e non mi dischiudo agli altri, posso essere privo di peccati eppure vivo in una situazione di peccato» (Giovanni Vannucci)."

sabato 21 settembre 2019

XXV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C



In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L'amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. [...]».



La sorpresa: il padrone loda chi l'ha derubato. Il resto è storia di tutti i giorni e di tutti i luoghi, di furbi disonesti è pieno il mondo. Quanto devi al mio padrone? Cento? Prendi la ricevuta e scrivi cinquanta. La truffa continua, eppure sta accadendo qualcosa che cambia il colore del denaro, ne rovescia il significato: l'amministratore trasforma i beni materiali in strumento di amicizia, regala pane, olio – vita – ai debitori. Il benessere di solito chiude le case, tira su muri, inserisce allarmi, sbarra porte; ora invece il dono le apre: mi accoglieranno in casa loro. E il padrone lo loda. Non per la disonestà, ma per il capovolgimento: il denaro messo a servizio dell'amicizia.

Non viviamo in un'epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento d'epoca che chiede a tutti un capovolgimento di vita: passare dall'uso del denaro per se stessi, all'uso del denaro per costruire per gli altri. 

sabato 14 settembre 2019

XXIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C – Anno C




(...) Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno (...).

venerdì 28 giugno 2019

PROGRAMMA EVENTO FINALE


PROGRAMMA CONCLUSIVO DI RICAPITOLIAMO
LA VERNA 12-14 LUGLIO 2019.

·         12 LUGLIO VENERDI’  (ENTRO LE ORE 19,00) ARRIVI AL TAU, SISTEMAZIONE (PORTARE LENZUOLA), SI DORME NEI CAMERONI DIVISI TRA UOMINI E DONNE.
CENA FRANCESCANA (PORTARE I PANINI)
DOPO CENA INCONTRO INFORMALE, COMPIETA, RIPOSO.

·         13 LUGLIO SABATO LODI CON LA COMUNITA’, COLAZIONE, TEMPO LIBERO, PRANZO AL TAU, (ARRIVI  E SISTEMAZIONI ALTRI PARTECIPANTI)
ORA MEDIA, VISITA AL SANTUARIO, S. MESSA ALLA CAPPELLA DELLE STIMMATE, CENA AL TAU, DOPO CENA INCONTRO DI PREGHIERA E CONDIVISIONE.

·         14 LUGLIO DOMENICA
·         LODI ALLA STIMMATE APPELLO FINALE
·         ORE 11 S. MESSA CON LA COMUNITA’
PRANZO IN FORESTERIA FESTA 70° DI P. GABRIELE
ORA MEDIA, PARTENZE.



giovedì 13 giugno 2019

QUESTO PER VOI IL SEGNO


andiamo dunque fino a Betlemme

Sono appena ritornato a casa dopo i giorni passati in Terra Santa come Pellegrino sulle orme di Gesù, in cammino sulle tracce da Lui lasciate per poterlo ritrovare nel mio quotidiano e nella mia vita di fede.
Ciò che mi ha spinto a questo nuovo Pellegrinaggio e che mi ha riportato su luoghi già visti e conosciuti, sono state le parole che nel Vangelo di Luca l’Angelo rivolge ai pastori che nella notte Santa del Natale vegliavano i loro greggi vicino alla città di David, Betlemme,  (secondo la tradizione quel luogo è oggi denominato Beit Sahur (il campo dei pastori) ove esiste un Santuario/Memoriale dedicato ai Santi Angeli opera dell’Architetto Barluzzi nel 1954, la cui architettura richiama la forma di una tenda da campo), leggiamo dunque nel Vangelo di Luca il brano dell’annuncio ai pastori della nascita di Gesù da parte dell’Angelo:
“C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.  Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:  oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.  Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". 


 E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: 
 "Gloria a Dio nel più alto dei cieli 
e pace in terra agli uomini che egli ama". 
 Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".  Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.  Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.  Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. (Lc 2,8-19)
Questo per voi sia il segno: un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. La Gloria di Dio racchiusa e velata nelle piccole membra di un neonato, tanto povero da non avere una casa che lo accogliesse, poche fasce per coprirlo ed una mangiatoia usata dagli animali per mangiare, come culla. Non ori o argenti o splendore di grandi regge, ma la forza prorompente di un bambino vivo appena nato.
La ricerca di quel bambino vivo oggi e non nelle pietre di un passato remoto o nelle mura cadenti, che l’archeologia studia e ci tramanda o nei meravigliosi paesaggi della Palestina, ma il desiderio di un incontro che mi interpella e mi affascina, questo mi ha posto in cammino alla sua scoperta.
Per me come per i miei compagni di viaggio, la ricerca ci ha portato a Betlemme, la città di David, oltre quel cancello che ci introduce al Caritas Baby Hospital e lì lo abbiamo trovato nei volti e nelle storie di tanti bambini che ogni giorno vengono accolti e curati.
Prostrati lo abbiamo adorato nell’Eucarestia che abbiamo celebrato nella Cappella dell’Ospedale, abbiamo intonato il Gloria a Dio nell’alto dei cieli ed invocato Pace per quella Terra e per il mondo intero. E’ stato vero Natale nella gioia di quell’incontro, non più legato al calendario, con le sue scadenze ma celebrato nel cuore e nella gioia nella rivelazione di un volto di quel Bambino.
Dopo averlo riconosciuto vivo e presente nella nostra storia, lo abbiamo ritrovato nelle pietre viventi che sono i nostri fratelli nella fede che vivono in Terra Santa, i Cristiani, che nel silenzio della loro presenza, resistono nonostante le difficoltà di ogni genere, nell’uomo che soffre per mancanza di giustizia, e per quel mondo ancora diviso da tanti problemi ove prevalgono i muri di separazione e tardano ad arrivare segni di concordia e di fraternità ove pochi sono coloro che costruiscono ponti per potersi incontrare.
Come i pastori anch’io sono tornato per riferire ciò che del bambino era stato detto loro e per continuare qui e tessere la trame di una nuova storia fatta di solidarietà e amicizia.
A Betlemme abbiamo lasciato in dono una bellissima icona perché davanti ad essa si possa pregare, una sorta di prima campata di un erigendo ponte da costruire partendo proprio dalla preghiera e da continuare a casa nostra, una volta rientrati.
Allora sarà vero Natale non un giorno solo l’anno ma nella quotidianità della nostra vita, nella ferialità del quotidiano, diventata il nostro Tempio, nel quale adorare il Signore dal volto sereno di un bambino.

lunedì 10 giugno 2019

CI VEDIAMO AL TAU


CI VEDIAMO AL TAU (AUTO GESTIONE) PORTARE LENZUOLA ECC...
MANGIARE FRANCESCANO.
IL 12 LUGLIO 
PER IL NOSTRO RI-CAPITOLO.
IL 14 FESTA DEL MANDATO E PRANZO IN FORESTERIA.

lunedì 6 maggio 2019

3° MEDITAZIONE SR. CRISTINA: DAR CREDITO ALLA SPERANZA



«Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo
- oracolo del Signore -,
progetti di pace e non di sventura,
per concedervi un futuro pieno di speranza» Ger 29,11

«52Giuseppe di Arimatea si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. 54Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato. 55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, 56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto» (Lc 23,52-56).

L’evangelista Luca sta presentando l’atto finale del dramma che si è consumato sul Calvario, in quel giorno vigilia di festa. Il Crocifisso è morto e il suo corpo, ottenuto da amici influenti e coraggiosi, è posto in una tomba, una tomba che è nuova, sola novità nel copione tante volte ripetuto delle esecuzioni capitali.
Giuseppe di Arimatea, con la sua audacia e la sua generosità, compie il gesto della sepoltura, poi lascia la scena alle donne che lo hanno seguito e che osservano ogni particolare di quanto avviene.
Tra le due scene, l’evangelista annota: «Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato» (v. 54).
Nella tomba, insieme al corpo di Gesù vengono sepolte le attese di salvezza e di riscatto che tanti avevano riposto in lui, ascoltandolo e vedendolo operare; sono sepolte le visioni del Messia che ognuno dei suoi aveva e desiderava riconoscere nel Maestro. Nella tomba viene pure chiusa la vita condivisa con Gesù, ormai consegnata ad un passato che si può soltanto ricordare.

Nel presente, però, ci sono dei segni che invitano ad aprire brecce nel muro spesso di ciò che appare senza futuro. È il giorno parasceve, della preparazione: ci si prepara a celebrare il sabato, giorno in cui, settimana dopo settimana, si rinnova la consapevolezza di essere coinvolti da Dio nell’alleanza da Lui stipulata con il suo popolo. Il riposo rituale del sabato tiene viva la certezza: Dio, che ha fatto tutto per l’uomo (Es 20,8-11) e ha liberato Israele dalla schiavitù (Dt 5,12-15), non mancherà oggi di benedirlo. Su di Lui può contare. Ci si astiene da ogni attività, dunque, per dedicarsi a lodarlo, con gioia e con gratitudine, dichiarandolo così Signore del tempo e della vita, del mio tempo e della mia vita.

giovedì 2 maggio 2019

IMPORTANTE




Cari Amici,
                            il tempo vola velocemente e siamo già giunti, dopo mesi di preparazione, a pensare concretamente al nostro incontro finale  a La Verna (12-14 Luglio). Per fare questo occorre iscriversi  mediante una e-mail all’indirizzo:


chi riceverà una mail di risposta sarà ufficialmente iscritto.  Alloggeremo al Tau in forma auto gestita, solo il pranzo della Domenica che concluderà incontro sarà fatto presso il Refettorio del Pellegrino. Il resto del mangiare sarà alla “francescana” maniera… occorre arrivare al numero minimo di 25 presenze.
Per questo motivo devo sapere entro in 25 Maggio se confermare o disdire il Tau. Se tutto andrà come spero verrete informati di tutti i dettagli dell’incontro in un momento successivo.
                                                   Un caro saluto di pace e bene
                                                                Padre Gabriele

Livorno 1° Maggio 2019.


sabato 20 aprile 2019

PASQUA FESTA DI RESURREZIONE




“L’alba di un nuovo giorno, quando ancora le ombre della notte non hanno ancora lasciato il passo alla luce, il primo giorno della settimana, nel mese di Nissan che segnava l’inizio del nuovo anno”

 Queste parole sono state messe nel Vangelo non solo come nota redazionale con cui iniziare il racconto  ma se  colte nella sua dimensione più profonda, come  chiave di lettura del significato della pasqua stessa.  Un nuovo inizio, una rinnovazione universale che coinvolge tutto il mondo.  Una nuova creazione che Dio compie per salvarlo dalla distruzione che il peccato aveva operato e salvarlo dalla morte che di esso è aspetto più visibile, diventandone l’emblema stesso.
Mi vengono in mente del Signore: ecco Io faccio nuove tutte le cose, non nuove cose da aggiungere o sostituite a quelle già esistenti, ma rinnovare quelle che già esistono e che sono invecchiate, stanche e morte per  mille motivi. Il Signore risorge per rinnovare il nostro mondo, con Lui tutto risorge e torna alla pienezza della vita che solo l’Amore può donare.

lunedì 1 aprile 2019

2° Meditazione: I SEGNI DEI TEMPI, LE SFIDE DEL MONDO


I segni dei tempi Le sfide del mondo contemporaneo

“I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo”.
Un segno dal cielo”,  un segno che scenda sulla terra dal cielo, un segno speciale, eccezionale: i sadducei ed i farisei non hanno colto l’essenza di Gesù, la Verità; hanno dinanzi a loro il Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, ma si sono avvicinati a Lui unicamente per metterlo alla prova, non hanno saputo vedere ed accogliere il Segno donato loro dal Cielo.
Sono così immersi nel loro mondo, nelle loro sicurezze materiali, intrisi della loro cultura, dei loro ragionamenti, che non hanno occhi per vedere, menti per capire, cuori per amare.
E’ stato loro donato un segno grande dal Cielo, il Segno dei segni, hanno il Cielo innanzi e lo avvicinano unicamente  per metterlo alla prova e chiedere che mostrasse loro un segno dal cielo, quando il Segno era proprio lì, davanti ai loro occhi.


I farisei ed i sadducei, uno spaccato di storia lontana nel tempo, ma pur sempre uno spaccato della nostra  umanità della nostra presunzione di onnipotenza che acceca ed impedisce di cogliere l’essenziale.

martedì 26 marzo 2019

IL TEMPO DELLA PACE


La guerra è finita… inizia il tempo della pace!
Lettera a tutti gli Amici
Il giorno 20 Marzo, insieme all’amico Roberto, abbiamo corso per la Pace, in particolare per la Terra Santa. Il giorno successivo siamo arrivati ad Assisi, la Terra Santa di Francesco, per lasciare una piccola luce presso il Santuario di San Damiano. Certamente non pensavo che da lì a pochi giorni la Guerra contro il Daesch sarebbe stata dichiarata formalmente finita, dopo sette anni di atrocità e di morte. La guerra è finita ora inizia il tempo della pace da costruire negli anni avvenire. Occorre continuare a correre verso altre mete più difficili da raggiungere non solo con le gambe ma anche col cuore!
Leggo oggi un articolo apparso sul giornale on line “Avvenire” che parla di duemila bambini usciti vivi con le loro madri da Baghuz ultima racco forte degli jihadisti, figli del Daesh. Voltare la nostra faccia dall’altra parte e lasciarli al loro triste destino? Che fare?
La primavera è appena iniziata e con essa la promessa di un futuro bello e ricco di tante attese, voglio credere che all’inverno segua sempre la primavera e con essa un mondo pieno di “fiori”. Noi umili agricoltori a cui è stato affidato questo campo fatto di tanti volti e di tante attese, spetta continuare a lavorare costruendo, pietra dopo pietra, il sogno di Francesco e di ogni uomo di pace.
Per questo continueremo a sostenere tutte quelle opere di solidarietà rivolte in particolare ai bambini, il nostro fragile e meraviglioso mondo di domani, della Terra Santa ove duemila anni fa il vagito di un Bambino, fece nuovo questo nostro mondo,  che va avanti ancora grazie a uomini e donne che lo vogliono accogliere e prendersene cura. Padri e madri che non issarono bandiere sui campi di battaglia, anneriti dal fuoco, ma,  miti e tenaci, hanno resistito perché credono ancora nell’Amore.   Padre Gabriele.

sabato 23 marzo 2019

ECCO IL MOMENTO DI CAMBIARE


III Domenica di Quaresima Anno C

“In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

La morte da sempre pone all’uomo gli interrogativi più grandi della sua esistenza e della sua fine. In modo particolare eventi catastrofici, atti terroristici, epidemie che coinvolgono persone innocenti, scuotono particolarmente la coscienza dell’uomo circa il significato di tali fatti. E’ quanto ci riporta il Vangelo di questa terza settimana di quaresima: che colpa avevano quei Galilei che Pilato aveva fatto uccidere durante un’assemblea religiosa o per la disgrazia avvenuta per la caduta della torre di Siloe.
Gesù tronca di netto il nesso tra peccato personale e disgrazia. Dio non è un Essere vendicativo che punisce il peccatore, è Padre e lotta sempre per la vita e la conversione del peccatore: Convertitevi altrimenti perirete allo stesso modo. Ecco la sciagura che insidia subdolamente la vita dell’uomo e lo porta alla rovina: il peccato.


 E’ il peccato del’uomo la sciagura più grande nel quale l’uomo posso incorrere, quello del non amore che produce l’annientamento del genere umano: guerre fraticide, disastri ambientali causati del profitto illecito, sfruttamento di persone e di interi popoli per la ricerca di profitti economici, l’ingiustizia e la violenza cieca  e abietta.
Il Vangelo si chiude con la parabola del fico sterile dove  la pazienza dell'Agricoltore  si oppone quella del Padrone  della vigna. Questa pazienza è il tempo della conversione dato da Dio all'uomo di cui questa quaresima è simbolo ed occasione propizia.

sabato 16 marzo 2019

IL CANTICO DEL NUOVO MONDO



I giornali di tutto il mondo riportano due notizie che hanno caratterizzato ieri il nostro mondo: l’onda verde di migliaia di giovani in tutto il pianeta per manifestare contro i cambiamenti climatici, sulla scia delle proteste pacifiche della sedicenne svedese Greta Thunberrg e la sparatoria in Nuova Zelanda che ha causato la morte di 50 persone uccise per odio anti-religioso e razziale.
Due fatti che ci devono interpellare, far riflettere e magari spingerci a trovare una chiave di lettura ed una possibile risposta.
Io questa possibile risposta l’ho trovata in un antico scritto del medioevo, il cui autore si definiva illetterato ma che, nella sua semplicità, seppe trovare il modo di unire in un unico testo il rispetto per la natura e la concordia tra gli uomini: “Il Cantico di Frate Sole” o “delle creature” di Francesco d’Assisi. Un Cantico dell’ecologia totale che include la natura con tutte le sue creature e l’uomo, capace di per-donare nel senso di donare-per (la solidarietà) e nel senso di con-donare per ricostruire la concordia tra gli uomini e riportare la Pace.

In esso è contenuto un elogio agli uomini che sostengono tribolazioni per amore della giustizia, per il riconoscimento a tutti dei diritti universali  ed il rispetto di tutti gli uomini (Gandi, M. L. King, G. Falcone, P. Borsellino, P. Puglisi… l’anagrafe dei Giusti).
Non solo aria, acqua, terra hanno bisogno di rispetto e di custodia ma anche l’uomo con essa, non solo ecologia ma anche etica in un unico Cantico di gioia e di fraternità per un mondo veramente Nuovo.
Abbiamo bisogno di Santi e di Eroi, cioè di uomini e di donne che trasformino il quotidiano in straordinario, con la semplicità di chi sa di aver compiuto solo il proprio dovere e di riconoscersi umilmente solo dei servitori per il Bene Comune.

venerdì 1 marzo 2019

1° MEDITAZIONE "SE TU CONOSCESSI IL DONO DI DIO"




'Gesù e la samaritana al pozzo', 2017, 
acrilico su tavola, sala del Servizio Diocesano di ascolto familiare 
Il Pozzo, presso la diocesi di Latina 
Giorgia-Eloisa Andreatta


  
“ SE TU CONOSCESSCI
IL DONO DI DIO”
(Gv. 4, 5-42)

 A cura di Sr. Maria Stella

  
In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».