giovedì 24 ottobre 2019

XXX DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C






"In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 
10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé:
 “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri,
e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 
13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, 
non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: 
“O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 
14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

La parabola ci mostra la grammatica della preghiera. Le regole sono semplici e valgono per tutti. Sono le regole della vita.
La prima: se metti al centro l'io, nessuna relazione funziona. Non nella coppia, non con i figli o con gli amici, tanto meno con Dio. Il nostro vivere e il nostro pregare avanzano sulla stessa strada profonda: la ricerca mai arresa di qualcuno (un amore, un sogno o un Dio) così importante che il tu viene prima dell'io.
La seconda regola: si prega non per ricevere ma per essere trasformati. Il fariseo non vuole cambiare, non ne ha bisogno, lui è tutto a posto, sono gli altri sbagliati, e forse un po' anche Dio. Il pubblicano invece non è contento della sua vita, e spera e vorrebbe riuscire a cambiarla, magari domani, magari solo un pochino alla volta. E diventa supplica con tutto se stesso, mettendo in campo corpo cuore mani e voce: batte le mani sul cuore e ne fa uscire parole di supplica verso il Dio del cielo (R. Virgili).
Il pubblicano tornò a casa perdonato, non perché più onesto o più umile del fariseo (Dio non si merita, neppure con l'umiltà) ma perché si apre - come una porta che si socchiude al sole, come una vela che si inarca al vento - a Dio che entra in lui, con la sua misericordia, questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua unica onnipotenza.
(Padre Ermes Ronchi)

domenica 20 ottobre 2019

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C





" Disse poi una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai."

Questi sempre e mai, parole infinite e definitive, sembrano una missione impossibile. Eppure sono esistiti uomini che ci sono riusciti: 

«Alla fine della sua vita frate Francesco non pregava più, era diventato preghiera» (Tommaso da Celano).

Durante il processo di beatificazione di Don Bosco, che fu abbastanza irto di ostacoli, fu avanzata anche questa obiezione: “Ma don Bosco, quando pregava?”. E la “controdomanda”, che confutò l’osservazione, la diede proprio Pio XI: 
“Ma don Bosco, quando non pregava?”.

Pregare è come voler bene, 
c'è sempre tempo per voler bene: 
se ami qualcuno, lo ami giorno e notte, senza smettere mai. 
Basta solo che ne evochi il nome e il volto, 
e da te qualcosa si mette in viaggio verso quella persona. 
Così è con Dio: pensi a lui, lo chiami, 
e da te qualcosa si mette in viaggio all'indirizzo dell'eterno: 
«Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. 
Se tu desideri sempre, tu preghi sempre» (sant'Agostino).


lunedì 14 ottobre 2019

IL FIORE DI NARDO PIU' LO PESTI E PIU' PROFUMA


Spesso la vita può mettere alla prova ma è proprio in quei momenti che si vede il valore di una persona. E' bella la metafora del fiore di nardo. Nel momento peggiore della sua esistenza, quando viene tagliato e pestato per ricavarne l'essenza, è allora che sprigiona il profumo più forte e inebriante....  

Il nardo è un olio profumato di altissimo valore. Nella Bibbia è simbolo dell'amore fedele fino a dare la vita. Un semplice vasetto di questo olio profumato, infatti, costava più di trecento denari, quasi quanto lo stipendio annuale di un salariato.
Per tale motivo nella Bibbia il profumo del nardo esprime l'amore che non ha prezzo e si realizza diffondendosi.
Nel libro del 'Cantico dei Cantici' il simbolo del nardo indica un amore immenso, senza paragoni. Lo sposo e la sposa del Cantico affermano che il loro amore è come profumo di nardo, vale a dire, prezioso, buono, bello, unico, che dà senso alla vita: "Mentre il re è nel suo recinto, il mio nardo spande il suo profumo" (Ct 1,12). Al termine del poema si legge: " Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio" (Ct 8,7).
Il simbolo del profumo del nardo, che scaturisce dal vaso spezzato, appare anche nei Vangeli e interpreta, in modo eccellente, il significato della passione e morte di Gesù come amore senza misura ed esprime anche la sua risurrezione, come amore che vince la morte. Ne parlano gli evangeli Matteo, Marco e Giovanni. Matteo e Marco, diversamente da Giovanni, che identifica la donna in Maria di Betania, sorella di Marta e di Lazzaro, raccontano di una donna anonima la quale, senza essere invitata, entra nella casa di Simone il lebbroso, dove Gesù si trova, rompe un vasetto di nardo autentico e lo sparge sul capo di Gesù. Maria di Betania, invece, lo cosparge sui piedi di Gesù, che poi asciuga con i suoi capelli. Il gesto della donna anonima, compiuta in prossimità della passione, è ritenuto dai presenti insensato e folle. Lo ritengono uno spreco! Gesù invece lo apprezza e ne spiega il senso. La donna ha compiuto un'azione buona e bella.
Ungendo il suo capo ha mostrato di riconoscerlo il vero re, l'unto del Signore. Ella, pur essendo donna, nel compiere l'unzione regale destinata solo ai re, si è comportata in modo profetico. Ha intuito infatti ciò che gli altri non vedevano, perché mossi soltanto da calcoli economici. Inoltre, il vaso completamente spezzato e il profumo, sparso senza misura, indicano che Gesù in persona avviandosi verso la passione e morte sta spezzando e sprecando la sua vita per noi. E' lui il vaso spezzato che emana profumo di vita. Il suo è amore appassionato e non si può calcolare in denaro. Gesù morendo non spreca la sua vita ma la dona. Per questo la sua morte non conosce la putrefazione e il suo amore supera la morte. Mentre la morte emana cattivo odore, la vita diffonde il profumo. La stessa solidarietà verso i poveri, che i commensali reclamano, deve essere determinata dal desiderio di un amore gratuito, senza misura, deve, cioè, mostrare la gratuità di Gesù.
La qualità del nardo nel testo originale greco è definita 'fedele'. Questo termine, però, si applica alle persone non alle cose. Per questo si traduce con'nardo genuino', o puro. Il termine fedele è, però, importante perché indica l'amore fedele di Gesù, e del credente che, avendo compreso chi è Gesù, dona come lui la propria vita. Gesù afferma che il gesto della donna, bello e buono, sarà ricordato ovunque si predicherà il Vangelo. Dove ci sono persone che fanno della propria vita un dono d'amore per gli altri si diffonde il profumo della vita.

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C


Dio ci offre non solo guarigione, ma salvezza
Lc 17, 11-19

I nove guariti trovano la salute; l’unico salvato trova il Dio che dona pelle di primavera ai lebbrosi, che fa fiorire la vita in tutte le sue forme, e la cui gloria è l’uomo vivente, «l’uomo finalmente promosso a uomo» (P. Mazzolari).

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C





Lc 17, 5-10

“...siamo servi inutili...”

...inutile significa che non serve a niente, che non produce, inefficace. Ma non è questo il senso nella lingua di Gesù: non sono né incapaci né improduttivi quei servi che arano, pascolano, preparano da mangiare. E mai è dichiarato inutile il servizio. Significa: siamo servi senza pretese, senza rivendicazioni, senza secondi fini. E ci chiama ad osare la vita, a scegliere, in un mondo che parla il linguaggio del profitto, di parlare la lingua del dono; in un mondo che percorre la strada della guerra, di prendere la mulattiera della pace. Dove il servizio non è inutile, ma è ben più vero dei suoi risultati: è il nostro modo di sradicare alberi e farli volare." (Ermes Ronchi)