giovedì 13 giugno 2019

QUESTO PER VOI IL SEGNO


andiamo dunque fino a Betlemme

Sono appena ritornato a casa dopo i giorni passati in Terra Santa come Pellegrino sulle orme di Gesù, in cammino sulle tracce da Lui lasciate per poterlo ritrovare nel mio quotidiano e nella mia vita di fede.
Ciò che mi ha spinto a questo nuovo Pellegrinaggio e che mi ha riportato su luoghi già visti e conosciuti, sono state le parole che nel Vangelo di Luca l’Angelo rivolge ai pastori che nella notte Santa del Natale vegliavano i loro greggi vicino alla città di David, Betlemme,  (secondo la tradizione quel luogo è oggi denominato Beit Sahur (il campo dei pastori) ove esiste un Santuario/Memoriale dedicato ai Santi Angeli opera dell’Architetto Barluzzi nel 1954, la cui architettura richiama la forma di una tenda da campo), leggiamo dunque nel Vangelo di Luca il brano dell’annuncio ai pastori della nascita di Gesù da parte dell’Angelo:
“C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.  Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:  oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.  Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". 


 E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: 
 "Gloria a Dio nel più alto dei cieli 
e pace in terra agli uomini che egli ama". 
 Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".  Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.  Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.  Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. (Lc 2,8-19)
Questo per voi sia il segno: un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. La Gloria di Dio racchiusa e velata nelle piccole membra di un neonato, tanto povero da non avere una casa che lo accogliesse, poche fasce per coprirlo ed una mangiatoia usata dagli animali per mangiare, come culla. Non ori o argenti o splendore di grandi regge, ma la forza prorompente di un bambino vivo appena nato.
La ricerca di quel bambino vivo oggi e non nelle pietre di un passato remoto o nelle mura cadenti, che l’archeologia studia e ci tramanda o nei meravigliosi paesaggi della Palestina, ma il desiderio di un incontro che mi interpella e mi affascina, questo mi ha posto in cammino alla sua scoperta.
Per me come per i miei compagni di viaggio, la ricerca ci ha portato a Betlemme, la città di David, oltre quel cancello che ci introduce al Caritas Baby Hospital e lì lo abbiamo trovato nei volti e nelle storie di tanti bambini che ogni giorno vengono accolti e curati.
Prostrati lo abbiamo adorato nell’Eucarestia che abbiamo celebrato nella Cappella dell’Ospedale, abbiamo intonato il Gloria a Dio nell’alto dei cieli ed invocato Pace per quella Terra e per il mondo intero. E’ stato vero Natale nella gioia di quell’incontro, non più legato al calendario, con le sue scadenze ma celebrato nel cuore e nella gioia nella rivelazione di un volto di quel Bambino.
Dopo averlo riconosciuto vivo e presente nella nostra storia, lo abbiamo ritrovato nelle pietre viventi che sono i nostri fratelli nella fede che vivono in Terra Santa, i Cristiani, che nel silenzio della loro presenza, resistono nonostante le difficoltà di ogni genere, nell’uomo che soffre per mancanza di giustizia, e per quel mondo ancora diviso da tanti problemi ove prevalgono i muri di separazione e tardano ad arrivare segni di concordia e di fraternità ove pochi sono coloro che costruiscono ponti per potersi incontrare.
Come i pastori anch’io sono tornato per riferire ciò che del bambino era stato detto loro e per continuare qui e tessere la trame di una nuova storia fatta di solidarietà e amicizia.
A Betlemme abbiamo lasciato in dono una bellissima icona perché davanti ad essa si possa pregare, una sorta di prima campata di un erigendo ponte da costruire partendo proprio dalla preghiera e da continuare a casa nostra, una volta rientrati.
Allora sarà vero Natale non un giorno solo l’anno ma nella quotidianità della nostra vita, nella ferialità del quotidiano, diventata il nostro Tempio, nel quale adorare il Signore dal volto sereno di un bambino.

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